La separazione nella coppia
Vorrei iniziare con una riflessione profondamente pregnante: “Mentre due coniugi dopo la separazione sono l’ un per l’ altro degli ex, per i figli ogni genitore sarà sempre l’ unico padre e l’ unica madre. I figli infatti non hanno scelto i loro genitori e neppure li possono sostituire per il semplice fatto che non si amano più”
Ne consegue che le modalità secondo cui si realizza e si mantiene una separazione hanno una grande rilevanza per il futuro di tutti i membri della famiglia , in particolare modo per i figli. Aiutare i genitori a separarsi bene fa sì che il figlio possa beneficiare di due punti di riferimento diversi ma sani. Pur considerando uno degli eventi stressanti di vita per ogni membro della famiglia non produce di per sè patologie anche se è vero che è un forte momento di cambiamento, ma i bimbi hanno buone capacità di adattamento. Ma come ogni evento di cambiamento si inserisce in un cambiamento doloroso e produce svariati effetti come sintomi regressivi ovvero tipici dell’ età precedenti quali enuresi notturna, paura di dormire da soli, risvegli notturni frequenti, capricci vari al momento dei pasti, rifiuto di studiare o fare i compiti . Negli adolescenti possono comparire atteggiamenti di ribellione o provocazione ;tipico degli adolescenti è di inserirsi nello spazio creato dalla separazione per fare cose che in precedenza non erano concesse, creando nel trauma l’ alibi per uscire dagli schemi precedenti e trasgredire le regole prestabilite. Queste espressioni di disagio emotivo non vanno confuse con disturbi veri e propri perchè rappresentano una vera e propria reazione al cambiamento e al turbamento che si innescano alla notizia di separazione. Senza che si rendano necessari particolari interventi risolutivi si osserva a breve un ristabilirsi dell’ equilibrio che con regole ben poste e un po’ di calma non può che non tornare.
Essendo un evento prevalentemente doloroso, che cambia la percezione del mondo, e di per sè comprende fasi di adattamento e integrazione ad una nuova situazione che somigliano tanto a quelle dell’ elaborazione del lutto.
Si assiste prima ad una fase negazione o rifiuto in cui i soprattutto i bambini non accettano l’ idea di perdere un genitore , possono isolarsi, evitare di parlarne, e addirittura comportarsi come se non stessa accadendo nulla . rendendosi conto poi dell’ inevitabilità della situazione possono manifestare rabbia verso uno o entrambi i genitori , sorelle, fratelli, compagni di scuola ecc..
In alcuni casi si abbassa anche il rendimento scolastico aumentano i capricci e le lamentele. Superata questa seconda fase molti bambini pensano di fare qualche cosa per far riavvicinare i genitori inizia, così, una fase di negoziazione attraverso dei cambiamenti comportamentali negativo( come il ricatto emotivo) o positivi come ( alleanza manipolatoria) i bimbi cercano di far avvicinare i coniugi, vivendo poi come una sconfitta il mancato obiettivo. La fase depressione ne è la conseguenza diretta ovvero dopo aver preso piena consapevolezza di ciò che sta accadendo e dell’ impossibilità dell’ evitarlo , il bambino può mettere in atto chiari comportamenti depressivi, connotati da pianto e tristezza. Poi arriva, in ultimo in quasi tutti i bambini, la fase dell’ accettazione con il passare del tempo la maggior parte dei bimbi riacquista l’ equilibrio e si assesta nella nuova situazione familiare , sperimentando sentimenti di conferma e accoglimento affettivo.
A volte accade che qualche cosa interrompe il processo sano di risoluzione del dolore e anzichè assistere al ripristinarsi di un nuovo equilibrio si presentano scenari caratterizzanti da svariati tipi di disturbo cronicizzato a cui nel tempo non si sono aggiunti rimedi, possiamo distinguere due importanti categorie: i problemi in cui nonostante un clima collaborativo qualche cosa non ha funzionato quelli sostenuti dalla conflittualità genitoriale.
Divorziare psicologicamente e continuare ad essere un genitore nel vero senso della parola diviene troppo difficile quando prevalgono sensazioni di rabbia, dolore, paura.
Nel mio lavoro a volte, ho incontrato situazioni dove vivendo nella coppia un ruolo protettivo, nelle separazioni seppur pacifiche tendono a mantenerlo creando così i presupposti per una costante ricerca di aiuto e di collaborazione nella gestione dei figli. Sono sintomi di non separazione verrebbero gestiti dai genitori in maniera funzionale, e che dopo la separazione vengono trattati con atteggiamenti iperprotettivi , troppo morbidi e comprensivi , con la tendenza a giustificare anche comportamenti devianti soprattutto questo è tipico negli adolescenti. e quella generata da condotte permissive che innescano una catena di comportamenti patologici veri e propri. In questi casi il senso di colpa fa più danni della colpa originaria, a patto che lo sia. Per non tralasciare i casi in cui il figlio ottiene “vantaggi secondari “
Eliette Abecassis nel suo romanzo ” Un affare coniugale” scrive:” Per fare le cose bene bisognerebbe cominciare con il divorzio. E poi ci si sposa. Non si conosce un coniuge durante gli anni del matrimonio…Non lo si conosce nemmeno quando si fa un figlio con lui…l’ unico modo di conoscere davvero il proprio coniuge è il divorzio. Allora si ha la piena misura della qualità umana , morale, psicologica…Ho scoperto la verità sul suo conto l’ anno in cui abbiamo divorziato ed ho imparato più cose di lui in quell’anno che in dieci di vita coniugale.”
La separazione si configura come un evento che fa esplodere aspetti talvolta psicologici in soggetti ritenuti equilibrati grazie ad un meccanismo di compensazione favorito dalla relazione coniugale o dal rapporto tra genitore e figlio. Nel calcolo della relazione coppia-famiglia gli elementi di debolezza di ognuno vengono compensati dalla presenza dell’ altro. Così la rottura del sistema genera un turbamento negativo che porta disagi psicologici ( transitori o prolungati) in grado di far mettere in atto condotte che all’ epoca del matrimonio non si sarebbero nemmeno immaginate. I bambini temono ciò che non conoscono ma accettano ciò che sanno di avere già sperimentato come cosa gestibile dalle loro risorse emotive e fisiche. Dire loro che l’ allontanamento di uno dei genitori è inizialmente momentaneo e, solamente , di fronte ad una gestione armoniosa , spiegare loro che si tratta di una situazione definitiva non è una contraddizione, ma una evoluzione, ovvero la capacità di adattarsi al cambiamento preannunciato , genera molto meno ansia. La situazione prende una piega anche più drammatica in tutte quelle situazioni in cui uno dei due genitori comincia a mettere in atto comportamenti più o meno aggressivi o comunque volti a impedire all’ altro genitore di vivere la propria relazione con il figlio. Questa spirale il cui inizio può essere ricondotta a svariate circostanze ben poco rilevanti rispetto alla possibilità di risoluzione , porta ad un escalation di atti aggressivi da entrambi le parti producendo quello che clinicamente viene definito mobbing genitoriale o mobbing familiare esteso i casi in cui partecipano all’ accanimento altri membri della famiglia. Nei casi di conflitto che precedono accompagnano la separazione le alleanze sono ancora più presenti perchè possono servire a sostenere ,influenzare, ricattare, ostacolare o riavvicinare. In queste situazioni il figlio si allea con il genitore sofferente quasi fosse contagiato da quel dolore e quella rabbia condividendo a pieno la visione non solo del genitore vittima ma anche del mondo.
Non si può pensare di fare crescere il figlio nell’ odio per l’ altro genitore senza poi subirne le conseguenze. Separarsi e rimanere genitori adeguati è impossibile quando la sofferenza per la perdita sicurezza/ serenità familiare si trasforma in rabbia e conflittualità. L’ evidenza clinica e giudiziale mostra come le coppie possano rimanere intrappolate per anni in questo meccanismo alimentando sentimenti di rabbia , paura, dolore, piacere perverso in una spirale senza fine.
L’ idea migliore potrebbe essere …giungere ad una separazione quando si sente che il viaggio da fare insieme è finito … solo così ci si può donare la possibilità di continuare a viaggiare!
Dott.ssa Carla Ascani Ricercatrice e Psicoterapeuta ufficiale del Centro Terapia Strategico di Arezzo diretto dal Prof G. Nardone
BIBLIOGRAFIA
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- Nardone Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie
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- Nardoeducativi,Giuffrè Editore1995
- Nardone G., Balbi E Solcare il mare all’ insaputa del cielo, 2008,Ponte alle Grazie
- ,Psicotrappole,2013, Ponte alle Grazie
- Nardone G., Cavalcare la propria tigre, 2003, Ponte alle grazie